lunedì 13 luglio 2015

L'impegno della Peter Pan Onlus per i bambini affetti da cancro

     Inaugurata la nuova area giochi all'aperto della ONLUS " Peter Pan"


Si è tenuta martedì 7 luglio l’inaugurazione dell’area giochi esterna della casa dell’associazione Peter Pan Onlus, realizzata anche grazie all’impegno del Teatro Golden, dei suoi artisti e di Max Maglione, i quali si sono adoperati per la raccolta fondi nel corso dell’intera stagione teatrale 2014-2015.
Il taglio del nastro per festeggiare la nuova area giochi è stato effettuato alla presenza delle presidenti di Peter Pan Onlus Roma, Marisa Fasanelli e Giovanna Leo, del direttore artistico del Teatro Golden Andrea Maia e di Max Maglione, socio onorario dell’associazione, oltre che interprete di numerosi degli spettacoli che hanno contribuito alla raccolta fondi.
Una festa che ha visto la partecipazione delle famiglie e dei volontari ma anche di numerosi artisti che nel corso di tutta la stagione del Teatro Golden hanno sostenuto con partecipazione il progetto.
Sono intervenuti Sebastiano Somma con sua moglie Morgana Forcella, Euridice Axen, Marco Morandi accompagnato da tutta la famiglia, Luca Angeletti, Marco Bonini, Ruben Rigillo, Claudia Campagnola, Toni Fornari, Matteo Vacca.
In ultimo ha visitato il parco anche Albano Carrisi che si è intrattenuto con i presenti e ha intonato una strofa di una sua canzone insieme alle mamme.
L’Associazione Peter Pan Onlus è nata a Roma dal desiderio di un gruppo di genitori di bambini malati di cancro di offrire ad altre famiglie un aiuto concreto per affrontare nel migliore dei modi il duro percorso della malattia.
In particolare, l’Associazione ha creato strutture di accoglienza per le famiglie non residenti a Roma che giungono nella Capitale per offrire le migliori cure ai propri figli presso gli ospedali Bambino Gesù e Policlinico Umberto I.
I servizi offerti presso tali strutture sono del tutto gratuiti grazie alla sensibilità di molti privati ed aziende nonché al quotidiano impegno dei volontari.
Nel giugno 2000 è stata inaugurata la prima struttura, chiamata Casa di Peter Pan, seguita nel giugno 2004 dalla Seconda Stella e nel novembre 2007 dalla Stellina.
Nel corso degli anni, alle case si sono aggiunte una ludoteca ed una sala giochi interna.
Ed è il terzo anno consecutivo che il Teatro Golden si impegna nel sostegno dell’associazione portando a termine il progetto di ampliamento, oltre che di mantenimento, delle aree dedicate ai bambini, contribuendo non in ultimo alla realizzazione del nuovo parco giochi all’aperto.



sabato 13 giugno 2015

Il teatro Vascello presenta la nuova stagione

È un magico cerchio ellittico il simbolo della nuova stagione del teatro Vascello, un vortice, una spirale, uno spazio bianco da riempire ma anche un occhio, per uno sguardo al futuro ma anche al passato.
Uno sguardo sulla realtà che ci circonda, un occhio che vigila, un attento indagatore che svela bellezza e atrocità del mondo reale.
Accanto alla presenza ricorrente di storiche compagnie, il cartellone della nuova stagione del teatro Vascello ospita graditi ritorni.
Con uno sguardo attento alla creatività e alle proposte giovanili, senza dimenticare la danza, quest’anno il Vascello introduce anche la musica e altre iniziative che affronteranno tematiche e problematiche sociali.
A dare inizio alla stagione teatrale 2015-2016 sarà lo spettacolo Villa dolorosa, di Roberto Rustioni, in scena dal 6 al 13 ottobre.
Dal 16 ottobre sarà la volta della danza, con In girum imus nocte, di Roberto Castello, e Sopra di me il diluvio, di Enzo Cosimi.
Dal 19 al 22 novembre Daniela Marazita porterà in scena il suo nuovo spettacolo Hai appena applaudito un criminale.
Durante le feste natalizie sarà lo spettacolo Il ballo, di Sonia Bergamasco, a tenere compagnia al pubblico del Vascello.
Danza, prosa, ma non solo.

Come luogo di approfondimento e libertà, il teatro Vascello prosegue i Laboratori teatrali, incentrati sulla musica e sulla vocalità; interessanti anche gli appuntamenti speciali come il ciclo di letture sulla letteratura del ‘900 e l’omaggio a Shakespeare con la lettura di 154 sonetti.

Di seguito il video della presentazione:

mercoledì 10 giugno 2015

Il Mensile di Monteverde al Salone Internazionale del Libro di Torino, incontro con Angelo Orlando Meloni

Scritto da Giulia di Clemente

Il nostro uomo appartiene a questo mondo ma continua a perdersi dietro la ricerca dell’Isola Che Non C’è.
Il nostro uomo avrebbe riconosciuto l’elefante ingurgitato intero dal serpente e non l’avrebbe confuso con un cappello a falda larga.
Il nostro uomo sopravvive senza spada alle epopee moderne di non chiaro significato: Porcellum, Italicum, Mare Nostrum. Amen.
Eppure, come nei migliori dei finali, “in un momento di grande disperazione, la Forza manderà un salvatore”. Ecco dunque il nostro uomo vestire i panni di Dart Fener ma, niente paura: dietro il tetro aspetto vive sempre Anakin Skywalker.



Angelo Orlando Meloni è proprio il nostro uomo. Scrittore, siculo, sarcastico, stoico. Un tripudio di “s” senza scordare il resto dell’alfabeto.
Decisamente contraddittorio con Io non ci volevo venire qui ha finito per restarci e invitarci tutti. Con Cosa vuoi fare da grande ha capito che era rimasto anche Ivan Baio e, come dice lo Stato Sociale, si sa che “in due è amore, in tre è una festa”. Meloni-Baio-Lettori. Bukowsky avrebbe apprezzato il ménage-à-trois. Con La Fiera verrà distrutta all’alba la festa si sposta a Torino, Salone Internazionale del Libro (questa si che è una festa! Alzati Lazzaro!). Tutti invitati, anche quelli che fin qui hanno preferito David Guetta.

La Fiera verrà distrutta all’alba promette un altro capitolo di quell’ePOPea moderna che Meloni è capace di tessere con ironia e garbo raccontando le gesta di moderni eroi tanto brillanti quanto maldestri. Il Salone Internazionale del Libro di Torino che presenta ufficialmente questo romanzo è una cornice perfetta per questo racconto in cui gli addetti ai lavori – sedicenti scrittori, sedicenti giornalisti (come me ndr) – troveranno acque limpide in cui specchiarsi o forse, per i meno autocritici, acque torbide da cui rivolgere un nuovo “J’accuse!”.

Il vero protagonista del libro è un affare di Stato, nel senso che è una delle poche cose elargite senza vendita e di pubblico dominio: la mitomania. Esattamente la mitomania dei nuovi artisti, moltiplicatisi più dei funghi in autunno, più dei cinghiali nella stagione degli amori, più dei conigli stessi da quando i social networks ci confortano, ci consolano e ci assistono. Ivano Lo Scrivano è il Principe senza corona per eccellenza di questa categoria e tenta di salvarsi “la cresta” in un paesaggio apocalittico in cui l’editoria è ormai agonizzante e i morti viventi (metaforici, anche questi) corrono alla conquista del mondo.

La Fiera verrà distrutta all’alba (Intemezzi Editore) è dedicato a tutti gli “aspiranti qualcosa” ma non è detto che vi salvi dalle vostre aspirazioni. Anzi: potreste ritrovarvi a pensare di fare un giorno anche voi gli scrittori e presentare il vostro libro al Salone Internazionale del Libro di Torino e far ridere senza sfociare nel ridicolo ed essere profondi senza cadere nel banale. Beh, rassegnatevi subito. Leggere Angelo Orlando Meloni e innamorarsi è facilissimo, esserlo molto meno.

martedì 9 giugno 2015

IL MENSILE DI MONTEVERDE AL GOLDEN GALA 2015



Il 4 giugno si è svolta a Roma la trentacinquesima edizione del Golden Gala di atletica, prestigioso meeting della IAAF Diamond League che dal 2013 è intitolato al compianto velocista Pietro Mennea, scomparso proprio in quell'anno poche settimane prima del meeting creato nel 1980 da Primo Nebiolo.
  
L'edizione2015 si è svolta, come da tradizione, nello Stadio Olimpico di Roma e si è aperta con la commemorazione di Annarita Sidoti, marciatrice azzurra campionessa del mondo sui 10 chilometri nel 1997 ad Atene, scomparsa prematuramente lo scorso 21 maggio in seguito a una lunga malattia.

Protagonista della manifestazione si è confermato Justin Gatlin, vincitore per il terzo anno consecutivo dei 100 metri maschili, superando il francese Jimmy Vicaut e il connazionale Mike Rodgers. Assente invece il campione mondiale Bolt, ma nonostante ciò la gara non ha comunque deluso le aspettative del suo pubblico.

La gara del salto triplo ha visto, invece, un podio tutto cubano ed è stata vinta da Pedro Pablo Pichardo.

La migliore prestazione stagionale è arrivata nei 5000 metri maschili, nei quali il vincitore è stato l'etiope Yomif Kejelcha, davanti al keniano Paul Kipngetich Tanui e al connazionale Hagos Gebrhiwet.

L'Etiopia vince anche negli 800 metri maschili, qui rappresentata da Mohammed Aman. Proprio in questa gara l'azzurro Giordano Benedetti si è piazzato ottavo conquistando quindi la qualificazione ai prossimi Campionati del Mondo di Pechino.

La gara più emozionante è stata però quella del lancio del giavellotto maschile, vinta dal ceco Vitezslav Vesely con 88,14 metri.

In campo femminile spicca la vittoria nella gara del salto in alto della campionessa europea in carica, la spagnola Ruth Beitia

Primo posto per la statunitense Francena McCorory nei 400 metri e per la connazionale Jeneba Tarmoh nei 200.


Alla fine della serata, però, l'atleta più applaudita è stata l'italiana Antonietta Di Martino, primatista nazionale ed ex vice-campionessa mondiale del salto in alto ritiratasi dall'attività agonistica proprio alla vigilia del Golden Gala.

scritto da Valentina Baruffo

domenica 17 maggio 2015

LA NUOVA STAGIONE TEATRALE DEL TEATRO VITTORIA DI ROMA




“Il teatro di tutti e per tutti” è il motto della nuova stagione 2015/2016 del Teatro Vittoria.
Molto più di un semplice slogan, si tratta di un’autentica dichiarazione di intenti, dell’espressione di ciò che il Vittoria desidera offrire al suo affezionato pubblico.
La partenza è fissata per il 22 settembre con una nuova produzione Attori & Tecnici intitolata Weekend Comedy, uno spettacolo brillante, leggero ma non superficiale, che affronta con il tipico humour inglese le problematiche che affliggono la coppia moderna; prima di arrivare al lieto fine di questa commedia non mancheranno divertenti confronti, equivoci e risate.
A seguire, nel mese di ottobre, il Teatro Vittoria porterà in scena una delle più prestigiose tappe del Roma Europa Festival, con Operetta Burlesca di Emma Dante.
E ancora: a novembre, dopo una breve ripresa di Per questo mi chiamo Giovanni, commovente spettacolo ispirato alla figura di Giovanni Falcone, andrà in scena un grande classico di Oscar Wilde, Un marito ideale, sicuramente la commedia in cui Wilde riesce meglio a fondere una trama seria e la leggerezza della propria scrittura; tema centrale della commedia è il problema della corruzione politica e dell’integrità dei governanti: tematica drammaticamente presente nella nostra società ed egregiamente affrontata dalla Compagnia Umberto Orsini.
A fare compagnia al pubblico del Vittoria nel corso delle feste sarà ancora la compagia Attori & Tecnici con l’ultimo capitolo della trilogia di Agatha Christie, Assassinio sul Nilo, seguito da Rumori fuori scena, al suo trentaduesimo anno di replica.
Non mancherà la danza contemporanea con Comix, di Emanuele Pellisari.
Il Teatro Vittoria lascia ampio spazio alle riflessioni, con Moni Ovadia e il suo Registro dei Peccati, ma anche alle risate amare, con lo spettacolo Teresa la ladra di Dacia Maraini, in cui quest’ultima condurrà lo spettatore in un mondo straordinario che è stato estirpato dal nostro paesaggio spirituale dalla brutalità dell’odio, e alle risate a crepapelle con il nuovo spettacolo di Max Paiella intitolato Solo per voi, nel quale Max veste i panni di un menestrello del ventunesimo secolo per mettere alla berlina vizi e virtù degli italiani.
Non mancheranno per gli eventi speciali del Teatro Vittoria le incursioni di personaggi della scena culturale italiana: Corrado Augias su Leopardi, Marco Travaglio sul mondo dell’informazione con lo spettacolo Slurp, Beppe Severgnini con La vita è un viaggio, Vittorio Sgarbi su Caravaggio.


giovedì 14 maggio 2015



scritto da Valentina Baruffo

In programma un percorso di 5 chilometri previsto per domenica 17 maggio; la maratona partirà alle ore 10 da via della Greca, in corrispondenza dell’Ara Massima di Ercole, e terminerà in via dei Cerchi, dopo aver attraversato le suggestive vie della Roma antica, tra via dei Fori Imperiali, piazza del Colosseo e via delle Terme di Caracalla; venerdì 15 e sabato 16 sarà invece possibile visitare presso la grande area di Circo Massimo il Villaggio della Salute, Sport e Benessere.
Un’iniziativa realizzata con il contributo di Regione Lazio, Policlinico Gemelli di Roma e Fondazione Johnson&Johnson; l’obiettivo rimane quello di promuovere la salute ed il benessere fisici e psicologici attraverso l’offerta gratuita di consulenze specialistiche, esami diagnostici e momenti educativi.
L’auspicio è quello di superare il record di partecipanti alla Race for the Cure 2014 che, con oltre sessantamila partecipanti, è stata la più numerosa fra le oltre centocinquanta edizioni organizzate nel mondo.
“Anno dopo anno” ha affermato il presidente Malagó “si alza l'asticella perché sempre più aziende stanno dando fiducia al progetto. Lo sport è onorato di essere coinvolto in questa manifestazione che ha una finalità straordinaria alla quale cui tutti siamo felici di poter dare un contributo: questa è una partita che si vince tutti insieme”.
Al centro della manifestazione, come sempre, le Donne in Rosa, ovvero coloro che stanno affrontando o hanno sconfitto il tumore al seno e che partecipano alla maratona indossando una speciale maglietta rosa.
La testimonianza delle Donne in Rosa si pone l’obiettivo di sensibilizzare ulteriormente l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce e di incoraggiare le donne che si trovano a dover affrontare questa malattia a farlo con un atteggiamento quanto più possibile positivo.
Aveeno, azienda facente parte del gruppo Johnson&Johnson, riserverà loro uno spazio speciale nel Villaggio Race. 
I fondi raccolti permetteranno l’avvio di nuovi progetti di educazione, prevenzione e cura del tumore al seno, che si andranno ad aggiungere ai quasi trecento già realizzati grazie alle precedenti edizioni di Roma, Bari e Bologna.


giovedì 7 maggio 2015

MANIFESTAZIONE STUDENTESCA del 5 maggio 2015, l'Italia dormiente su sogni inconcludenti

Oltre centomila a Roma, trentamila a Milano, venticinquemila a Bari. E in tanti, tra studenti, insegnanti e personale Ata, sono hanno popolato anche le strade e le piazze di Torino, Aosta, Catania, Palermi e Genova.
Ieri 5 maggio la protesta contro la riforma della scuola ha visto la partecipazione di decine di migliaia di persone.
“Tutti in piazza” si legge in una nota dell’Unione degli Studenti “per dimostrare una comune contrarietà al ddl scuola del Governo Renzi”.
Il premier, invece, difende il ddl: “la scuola è una grande occasione, deve creare cittadini, non solo lavoratori. Ma quando abbiamo dei numeri come quelli che abbiamo con i dati sulla disoccupazione, significa che il sistema di formazione va cambiato”, ha affermato il premier Matteo Renzi.
Stefania Giannini, ministro dell’Istruzione, ha dichiarato il proprio rispetto per lo sciopero, richiedendo rispetto anche “per il governo che fa il suo lavoro, proponendo un progetto educativo molto innovativo”.
D’altra parte il premier precisa che ci si trova dinnanzi ad un bivio: “da un lato quelli che protestano soltanto, lamentano, fanno l’elenco delle difficoltà. In alcuni casi hanno ragione, non possiamo dire che va tutto bene. Ma loro sono destinati a crogiolarsi nelle loro proteste. Mentre dall’altro lato che chi agisce”.
Un attacco nemmeno troppo velato, che poco dopo rientra con un atteggiamento di apertura nei confronti di coloro che dissentono “ci sono tante persone che protestano: qualcuno dice che lo fanno sempre, ma noi ascoltiamo la protesta”.
Non resta che fare della protesta un momento di confronto e di crescita dell’intera società.

Ma come non domandarsi quanto ciò sia possibile in un Paese, l’Italia, nel quale in fin dei conti c’è, si, chi protesta sempre, chi si lamenta crogiolandosi, ma c’è anche chi detta legge senza preoccuparsi del reale benessere della propria nazione, puntando gli occhi unicamente ai propri interessi?

scritto da Valentina Baruffo

sabato 28 marzo 2015

MARATONA DI ROMA 2015 Il Mensile di Monteverde sul campo con gli atleti!


Quasi centomila gli iscritti alla 21esima edizione della Maratona di Roma che hanno sfidato le condizioni atmosferiche avverse per partecipare ad uno degli eventi più attesi dai podisti capitolini e non. Tra questi, per la categoria maschile, gli etiopi Abebe Degefa e Birhanu Achame, hanno  conquistato il podio occupando rispettivamente la prima e la seconda pedana, terzo l’italo marocchino Jamel Chatbi. Nono posto per Giorgio Calcaterra, che ha chiuso in 2h34’26” e che, dopo essersi sottoposto al test antidoping, ha ripreso la maratona per raggiungere i corridori meno veloci e condividere con loro gli ultimi tratti della gara. Anche nella categoria femminile l’etiopia si è riconfermata protagonista. Ai primi posti si piazzano rispettivamente Meseret Kitata Tolwalk, seguita dalla connazionale Alem Fikre Kifle; terza l’italiana Deborah Toniolo. La pioggia e il freddo hanno reso la gara più faticosa e complessa, gli atleti hanno riscontrato difficoltà in più momenti della gara, in particolar modo nei tratti in cui la strada asfaltata lasciava il posto ai caratteristici san pietrini romani. Il Top Runner italiano Ruggero Pertile (5° posto) ha dichiarato: “Ho cercato di fare la mia gara, ma oggi era veramente dura. Sui sampietrini scivolavo e non riuscivo a correre bene. Devo ringraziare tutto il pubblico che mi ha incitato molto...”. Ciononostante, il grande entusiasmo e la tenacia dei maratoneti hanno colorato la gara di forti emozioni.

giovedì 19 marzo 2015

I presagi di Ödön von Horváth al Teatro Vascello

La vecchia Europa, quanto diversa da quella attuale?

















Aveva solamente ventidue anni Ödön von Horváth quando scrisse Hotel Belvedere, nel 1923.
Ossessionato dall’incapacità che l’aristocrazia e la borghesia intellettuale mitteleuropea mostravano nei confronti delle utopie positive, Horváth fu il primo a riconoscere che dietro la facciata della grandezza si nascondeva in realtà un mondo volgare, malato, legato esclusivamente al potere del denaro.
Con la regia di Paolo Magelli e le eccellenti interpretazioni di Francesco Borchi, Daniel Dwerryhouse, Marcello Bartoli, Fabio Mascagni, Mauro Malinverno, Valentina Banci ed Elisa Cecilia Langone, lo spettacolo, in scena al Teatro Vascello dal 17 al 22 marzo, rappresenta un’Europa che sembra non allontanarsi poi molto da quella attuale.
Nel deserto e decadente Hotel Belvedere si intrecciano le vite di sette personaggi che portano allo scontro le classi sociali di una Europa profondamente impegnata a salvare se stessa distruggendo i più deboli.
Oltre a narrare le vicende della Seconda Guerra Mondiale, dunque, lo spettacolo mette difronte all’ineluttabile verità di una società attuale profondamente incrinata, attraversata dai medesimi conflitti che hanno caratterizzato il secolo a questo precedente.
Al desolato Hotel, nel quale la baronessa Ada von Stetten alloggia insieme ai suoi tre amanti, giungono il fratello della donna, Emanuel, al verde dopo aver perso tutto al gioco, e la giovane Christine, rimasta incinta di Strassen, uno degli amanti, nel corso dell’estate precedente.
E proprio Christine diviene il perno attorno al quale l’intera vicenda si snoda e si avvolge. I cinque uomini inventano una vile calunnia al fine di cacciarla dall’Hotel; sorpresi poi dalla notizia di una sua cospicua eredità, finiscono per litigarsela a scapito della baronessa, la quale decade da principale oggetto del loro desiderio ad un pezzo di carne ormai scaduto.
Il tutto è inserito in un ambiente che rappresenta perfettamente l’atmosfera dismessa di un albergo ormai in rovina: ampi spazi vuoti, arredati con qualche tavolini in marmo, poche poltrone e divani, sedie dallo schienale sagomato a violino; i personaggi si trovano ad interagire tra loro in un crescendo di azioni che passano dai rigurgiti, alle violenze fisiche, ad un continuo stappare e bere champagne, al divorare un’intera carta geografica dell’Europa prebellica.
Attraverso la caratterizzazione di una nobiltà decaduta, a più di novant’anni di distanza dalla scrittura del testo, con tensioni che non sono della stessa natura di quelle nate nel corso del secondo conflitto mondiale, lo scrittore austriaco traccia un profilo umano nel quale rimane comunque impossibile non riconoscersi almeno in parte.

sabato 14 marzo 2015

ATTORE DEL MESE: Denzel Washington fotografato da Fabio Gatto per " Il Mensile di Monteverde"

L'attore del mese del numero 3 di marzo 2013: Denzel Washington


E’ uno degli attori afroamericani più conosciuti e più amati al mondo.
Eclettico e versatile, perfetto in qualsiasi ruolo, lontano da qualsiasi tipo di gossip e senza macchie, Denzel Washington si laurea in giornalismo alla Fordham University di New York dove, grazie all’incontro con  rilevanti personalità del teatro, si appassiona fortemente alla recitazione.
Si iscrive, dunque, all’American Conservatory Theater di San Francisco dove perfeziona il proprio talento naturale.
Nel 1997 ottiene il primo ruolo di rilievo nel film tv Wilma di Bud Greenspan.
Proprio su questo set conosce Paulette Pearson che sposa cinque anni dopo e con la quale ha quattro figli.
Il vero e proprio debutto cinematografico dell’attore è datato 1981 con il film Il pollo si mangia con le mani, seguito dalla sua prima nomination all’Oscar per il film Grido di libertà di Richard Attenborough.
Giovanissimo ma estremamente professionale ottiene il premio Oscar come miglior attore non protagonista per Glory – Uomini di gloria, dove recita al fianco di Matthew Broderick e Morgan Freeman.
Washington passa dall’interpretare il grande avvocato di Philadelphia, alla difesa di un Tom Hanks malato di AIDS, per poi lavorare nel poliziesco Il rapporto Pelican e nell’adrenalinico Allarme rosso.
Ogni lungometraggio interpretato diviene un grande successo.
Nel 2001 partecipa alla 58° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia per presentare il film Training day, di Antoine Fuqua, che gli vale l’Oscar 2002 come miglior attore protagonista.
Torna a recitare in un film di Fuqua nel 2014 per il film The Equalizer – Il Vendicatore, la storia di Robert McCall, un uomo che crede di essersi lasciato alle spalle un passato torbido per condurre un’esistenza tranquilla ma che dinnanzi alle minacce ricevute dalla giovane ed indifesa Teri (Cloë Grace Moretz) da parte di una banda di malavitosi russi, non riesce a stare a guardare e non può fare a meno di intervenire in suo aiuto.
Per Denzel Washington la forza che spinge il suo personaggio Robert McCall ad agire in difesa dei più deboli è un innato senso di giustizia.
“Robert McCall ha alle spalle un passato di cui non è orgoglioso, ed ora è in cerca di redenzione” spiega Washington.
Ed è proprio il desiderio di redenzione che porta il suo personaggio a scegliere una vita tranquilla.
“Sarà l’incontro con una giovane indifesa, sfruttata e minacciata, a fargli cambiare idea” conclude l’attore.

giovedì 12 marzo 2015

IL MENSILE DI MONTEVERDE ALL'ANTEPRIMA DEL FILM " LE LEGGI DEL DESIDERIO"

Silvio Muccino ritorna sul grande schermo con "Le leggi del desiderio" , la recensione sul numero di marzo 2015

Ogni giorno cerchiamo di realizzare un desiderio questo ci porta a modificare il nostro modo di essere, Giovanni Canton (Silvio Muccino) un life coach decide di dare un occasione di vita a tre persone, attraverso un concorso, che le porterà al raggiungimento dei loro desideri più nascosti e sfrenati in sei mesi. Canton è una specie di guru, un profeta moderno un po’ cialtrone che con le sue teorie porterà a grandi cambiamenti nell’insolito terzetto composto da: Maurizio Mattioli, Nicole Grimaudo e Carla Signoris. . Un grande cast, con la superba Carla Signoris in un ruolo ironico, moglie devota e segretaria di un vescovo  che nasconde un segreto la scrittura erotica.  Nicole Grimaudo è una piccola fiammiferaia nel look desiderosa di autostima e infine Maurizio Mattioli un disoccupato senza un soldo pronto a tutto per ritornare in pista Un film dallo stampo americano sia nell’immagine fotografica sia per il tema trattato, il life coach ovvero motivatore di vita è il figlio fortunato della crisi, che indirizza con i suoi consigli quale strada intraprendere per portarci ad essere dei vincenti. Ma questo meccanismo fa nascere una domanda dove è la maschera e dove è l’uomo? Ma poi chi l’ha detto che dovremmo essere tutti dei vincenti. Un film romantico, positivo, dove si si esce dal personaggio per calarsi nei sentimenti. Una pellicola fortemente incentrata su donne che  amano e hanno un bisogno impellente di amore, sono loro le vere protagoniste che danno un riscatto al sesso femminile, gli uomini sono solo spettatori. Un romantico Muccino che ci porta alla scoperta di noi stessi, forse questa è l’unica realtà da salvaguardare.


Scritto da Adele de Blasi
Foto di Fabio Gatto

lunedì 9 marzo 2015


Scoprendo il Casino del Bel Respiro.
Approfondimenti sul numero di Marzo del Mensile di Monteverde.

giovedì 12 febbraio 2015

SCARLETT JOHANSSON FOTOGRAFATA DAL MENSILE DI MONTEVERDE



Scarlett Ingrid Johansson nasce a New York nel 1984 da padre architetto e madre produttrice ed attrice.
All’età di tre anni già sogna di diventare attrice e dopo soli quattro anni inizia a partecipare ai primi provini per spot televisivi.
Tuttavia, ne rimane profondamente delusa in quanto i pubblicitari mostrano una forte preferenza per suo fratello.
Comprendendone la grande passione, la madre inizia a portarla anche ai provini per le produzioni cinematografiche e teatrali e, a soli otto anni, Scarlett calca le scene insieme ad Ethan Hawke nella pièce teatrale Sofistry.
Recita per il grande schermo dall’età di 10 anni, debuttando nel 1994 nel film Genitori cercasi, in cui ha una piccola parte. Quattro anni dopo, viene scelta da Robert Redford per il film da lui diretto L’uomo che sussurrava ai cavalli, che fa di Scarlett una promessa di Hollywood grazie alla sua interpretazione di una giovane che, cadendo da cavallo, perde una gamba.
Da questo momento lavora in film di grande importanza: compare nel 2001 in L’uomo che non c’era, diretto da Joel Coen, e nello stesso anno nel film di Terry Zwigoff Ghost World, acclamato dalla critica.
Arriva poi il film che, segnandone il passaggio all’età adulta, la rende tra le attrici più desiderate dello star-system, Lost in Traslation - L’amore tradotto, a fianco di Bill Murray, scritto e diretto da Sophia Coppola.
Scarlett si porta dietro una carriera costellata di continui successi: dal Don Jon di Joseph Gordon-Levitt, al supercandidato Lei di Spike Jonze, nel quale l’attrice presta la propria voce a Samantha, un sistema operativo virtuale di cui Joaquin Phoenix (nel ruolo di Spike) si innamora perdutamente.
E proprio a proposito di questa pellicola, la Johansson spiega "da una voce puoi anche essere respinto. Spike voleva che Samantha fosse una creatura libera, entusiasta, senza pregiudizi, nuova alla vita e senza nessuna esperienza. Ho cercato di liberarmi, per quanto possibile, di ogni filtro razionale ed emotivo. Facendo a meno del mio corpo."
Ma che rapporto ha l’attrice con la tecnologia e cosa pensa di quest’ultima?
"Ho da poco acquistato il mio primo Iphone percè il vecchio cellulare non funzionava più: sono all’inizio di una nuova relazione intima!".
Scarlett torna pochi mesi fa sul grande schermo con il film Lucy, diretto da Luc Besson.
Nella pellicola, l’attrice interpreta una ragazza di venticinque anni che studia a Taipei, ma che si sballa di continuo e non sa cosa fare di se stessa.
Un giorno il suo ragazzo la obbliga a consegnare una valigetta in sua vece ma, al momento della consegna, il giovane viene ucciso e Lucy viene rapita.
Costretta a lavorare come corriere della droga viene operata chirurgicamente e le viene inserita nell’addome una sacca contenente un enzima prodotto dalle madri in gravidanza per mettere in moto lo sviluppo del feto, enzima del quale deve essere la passiva trasportatrice.
Tuttavia, a seguito di un pestaggio, questo sacchetto si lacera e il suo organismo ne assorbe il contenuto acquisendo straordinarie capacità fisiche e mentali.
Al fianco dell’attrice recita Morgan Freeman.

mercoledì 11 febbraio 2015

IL MENSILE DI MONTEVERDE HA INTERVISTATO MAURIZIO CALVESI

Maurizio Calvesi, direttore della fotografia italiano, ha contribuito alla realizzazione di circa sessanta film. 
Candidato ai David di Donatello nel 2003 per il film Prendimi l’anima e nel 2008 per I vicerè, entrambi con la regia di Roberto Faenza, si racconta al Mensile di Monteverde mostrando ai lettori una pagina del grande cinema italiano.
“Ho abitato parecchi anni a Monteverde” racconta Maurizio “mi sono poi trasferito vicino Piazza Navona e vi sono rimasto per circa venticinque anni; sono tornato qui solamente un anno fa. Devo dire che in pieno centro storico c’era una mentalità molto più simile a quella di un paese e questo mi piaceva molto. Conoscevo quasi tutti nella zona; il postino lasciava i pacchi al bar, quando non c’era il portiere; se andavo al ristorante e non avevo il portafogli ripassavo in seguito a saldare il conto. Qui, invece, mi sembra tutto un po’ più freddo. A malapena conosco i miei vicini di casa e trovo che questo sia un gran peccato; il quartiere andrebbe vissuto appieno e non in maniera così limitata”. 
Una domanda che non ti è mai stata fatta ma che ti sarebbe piaciuto ricevere?
Di questo lavoro si tende sempre a vedere gli aspetti positivi, ma non ci si chiede mai se sia necessario rinunciare a qualcosa per svolgerlo. Si tratta di un lavoro meraviglioso che tuttavia richiede un grande sacrificio.  Spesso costringe ad allontanarsi dagli affetti più cari e a restare distanti da casa anche per parecchi mesi. 
Quali sono le principali mansioni di cui un direttore della fotografia deve occuparsi durante le riprese di un film?
Il direttore della fotografia è il collaboratore più stretto che il regista ha per quanto concerne gli aspetti tecnini del film. Naturalmente accanto al direttore della fotografia lavorano numerosi assistenti e collaboratori che contribuiscono alla realizzazione del film.
Quando nasce l’idea di girare un film e se ne scrive la sceneggiatura, emerge poi la necessità di trasformare quel testo in immagine e proprio a questo punto interviene il direttore della fotografia.
L’obiettivo è quello di conferire all’immagine la struttura che meglio riesce ad interpretare la sceneggiatura stessa.
A partire dal 2002, con il film “Prendimi l’anima”, hai intrapreso numerose collaborazioni con il regista Roberto Faenza. Parliamo proprio di “Prendimi l’anima”, qual’è stata la sfida maggiore che hai dovuto affrontare lavorando a questo film?
Il copione di “Prendimi l’anima” era nel cassetto di Roberto Faenza da ben dieci anni. Il regista era estremamente affascinato dalla storia di questa donna, Sabina Spielrein, che passa dall’essere amante di Jung al divenire ella stessa psicoanalista.
Mi sono avvicinato a piccoli passi alle idee che Roberto aveva sviluppato nel corso degli anni. Ho letto numerosi testi che potessero aiutarmi a comprendere meglio il periodo storico nel quale si svolgevano i fatti narrati dal film. Sono entrato nel difficile mondo dell’analisi, con il quale non ero mai entrato in contatto prima di quel momento.
All’epoca, poi, venivo da un tipo di cinema molto formale e “Prendimi l’anima” ha rappresentato l’occasione di realizzare un lavoro estremamente più spontaneo da parte mia. Ho ancora nel cuore l’immagine del manifesto del film. Si tratta di un fotogramma nel quale la luce radente e la posizione delle due figure da all’immagine una conformazione quasi cerebrale.
Quali sono i punti in comune tra la fotografia cinematografica e la fotografia tradizionale?
Spesso si tende a confonderle. Si parla di fotografia in generale e non se ne comprendono le differenze. Per me tutto è iniziato con la fotografia tradizionale. Mio zio mi regalò una macchina fotografica per la mia prima comunione. Io ero un bambino timidissimo e non parlavo mai con nessuno.  Iniziai ad andare alle feste di compleanno con la mia macchina fotografica al collo e quando tornavo a casa, di notte, mi chiudevo in bagno, sviluppavo i rullini e stampavo le foto. Si trattava anche di un modo per relazionarmi con gli altri, nonostante la mia timidezza. Da quel momento ho capito che avrei dovuto lavorare con le immagini.
La fotografia del set nasce perchè si vuole rendere quell’attimo di cinema immortale. Basti pensare ad Anita Ekberg. L’immagine di quella meravigliosa ragazza nella fontana rimarrà per sempre eterna.  Quindi la fotografia cinematografica va oltre il racconto di una storia, c’è qualcosa di più profondo che va afferrato.
Tra i numerosi film per i quali hai lavorato sei rimasto particolarmente legato a qualcuno di essi?
Non c’è un film a cui sia affezionato in maniera particolare. Ognuno di esso ha avuto la sua importanza, Anche una pellicola sbagliata ha un ruolo fondamentale, perchè ne precede una nuova in cui si eviterà di commettere gli stessi errori. 
Ci sono stati, invece,  film in cui sento di aver sperimentato molto di più rispetto ad altri, questo si.
Hai ancora aspettative di sperimentazione?
Si assolutamente. Con l’esperienza accumulata nel corso degli anni ho compreso che fare una bella fotografia nel cinema “medio” non è molto semplice. Si riesce ad ottenere il meglio nella grande ricostruzione, quindi nei grandi mezzi, oppure nel cinema minore. Anzi, proprio quest’ultimo offre le maggiori opportunità di sperimentazione. Esso, infatti, consente una maggiore libertà di organizzazione, fattore che manca invece nei cosiddetti “star system” produttivi, nei quali si hanno tempi che bisogna necessariamente rispettare, regole e formalismi che purtroppo impediscono slanci fuori dagli schemi. A breve parteciperò alla realizzazione di un film di questo tipo, con attori sconosciuti, girato interamente ad Ostia. L’obiettivo è quello di renderlo il più naturale possibile, deve essere un film vero.